Suzuki Samurai
La Suzuki Samurai è un’evoluzione dei modelli SJ410 e SJ413 che negli anni Ottanta seppero diventare un fenomeno di moda, portando la formula della piccola fuoristrada a diffondersi anche nelle aree urbane grazie alle dimensioni compatte e alla linea originale. La denominazione Samurai fu utilizzata a partire dal 1989 e il modello rimase a listino fino al 2003, affiancato dal 1998 in poi dalla più moderna Jimny, che ne rappresenta a tutti gli effetti l’erede. La Suzuki Samurai è stata proposta con carrozzeria berlina e cabriolet, ma non mancano esemplari wagon, ideali per gestire carichi più voluminosi grazie al corpo vettura allungato. Più rare sono, invece, le unità pick-up. Le Samurai sono di norma omologate come quattro posti, con quelli posteriori che si raggiungono con una certa fatica. Non è un caso che molti li sacrifichino per ampliare il bagagliaio, altrimenti quasi inesistente.
I MOTORI
La Suzuki Samurai fu proposta inizialmente con gli stessi motori montati dalle SJ, ovvero con due unità a benzina da 970 e 1.324 cc. La prima uscì però presto di scena e la seconda fu rimpiazzata da una più raffinata unità a iniezione da 1.298 cc. Risale invece al 1998 il debutto i della Samurai a gasolio, spinta dapprima da un turbodiesel 1.9 di origine Peugeot e quindi da un diesel aspirato, sempre 1.9 ma di derivazione Renault. Quasi tutti gli esemplari in circolazione adottano la trazione integrale part-time, con trazione posteriore fissa e quella anteriore inseribile, completata da un riduttore.
PRO E CONTRO
Il particolare sistema di trasmissione, le sospensioni a ponte rigido con le balestre, il passo corto e gli sbalzi ridotti fanno sì che il principale pregio della Suzuki Samurai sia la capacità di muoversi bene su ogni terreno, anche quando l’aderenza è bassa e il fondo è sconnesso o scosceso. Buona è anche la qualità complessiva: non ci sono concessioni al lusso, ma tutto è costruito e assemblato in modo solido, badando al sodo. L’indole fuoristradistica, tuttavia, riflette qualche limite sulla strada, dove tenuta e precisione di guida sono limitate, il confort è scarso e gli spazi di arresto sono più lunghi di quelli di una comune berlina.
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I MOTORI
La Suzuki Samurai fu proposta inizialmente con gli stessi motori montati dalle SJ, ovvero con due unità a benzina da 970 e 1.324 cc. La prima uscì però presto di scena e la seconda fu rimpiazzata da una più raffinata unità a iniezione da 1.298 cc. Risale invece al 1998 il debutto i della Samurai a gasolio, spinta dapprima da un turbodiesel 1.9 di origine Peugeot e quindi da un diesel aspirato, sempre 1.9 ma di derivazione Renault. Quasi tutti gli esemplari in circolazione adottano la trazione integrale part-time, con trazione posteriore fissa e quella anteriore inseribile, completata da un riduttore.
PRO E CONTRO
Il particolare sistema di trasmissione, le sospensioni a ponte rigido con le balestre, il passo corto e gli sbalzi ridotti fanno sì che il principale pregio della Suzuki Samurai sia la capacità di muoversi bene su ogni terreno, anche quando l’aderenza è bassa e il fondo è sconnesso o scosceso. Buona è anche la qualità complessiva: non ci sono concessioni al lusso, ma tutto è costruito e assemblato in modo solido, badando al sodo. L’indole fuoristradistica, tuttavia, riflette qualche limite sulla strada, dove tenuta e precisione di guida sono limitate, il confort è scarso e gli spazi di arresto sono più lunghi di quelli di una comune berlina.
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