Daihatsu Copen

La Daihatsu Copen è una roadster tascabile, creata inizialmente per il mercato domestico giapponese dove le auto supercompatte, chiamate kei-car, godono di particolari vantaggi fiscali. Giusto per farsi un’idea, la lunghezza, la larghezza e l’altezza della Copen sono rispettivamente di 344, 148 e 125 cm. Arrivata in Italia nei primi anni Duemila, questa Daihatsu non ha una tradizionale capote di tela, ma adotta la formula coupé-cabriolet, con un tetto rigido (di alluminio) ripiegabile. L’abitacolo, a due posti secchi, ha dimensioni a sua volta molto ridotte, oltre ad arredi essenziali. La qualità delle finiture è discreta e nulla più, con piccole lacune anche a livello di assemblaggi. Qualche dettaglio di pregio comunque c’è, con la dotazione che sugli esemplari più ricchi può comprendere per esempio i sedili riscaldabili e rivestiti di pelle. Le prime vetture importate dal Sol Levante avevano la guida a destra. Nel giro di poco tempo la Copen è stata comunque sviluppata anche nella versione LHD (left hand drive, ovvero con guida a sinistra). Questa evoluzione è equipaggiata anche con una meccanica più adatta alle esigenze del pubblico europeo.

I MOTORI
La Daihatsu Copen è stata venduta inizialmente con un motore a quattro cilindri turbobenzina di soli 659 cm3, capace di esprimere 68 CV e una coppia di 100 Nm. Nel giro di un paio d’anni si è passati invece a un 1.3 aspirato, da 87 CV e 120 Nm. In entrambi i casi, la trazione è sempre affidata alle ruote anteriori e il cambio è di norma un manuale a cinque marce. La trasmissione è caratterizzata da rapporti abbastanza corti. Questa scelta rende gli spunti più vivaci, ma costringe il motore a girare a regimi elevati nei trasferimenti autostradali, a scapito della silenziosità e del confort.

PRO E CONTRO
Il nome Copen deriva dalla fusione delle parole Compact e Open, due elementi che sono croce e delizia degli utenti di questa Daihatsu. Le misure ridotte rendono la vettura agile nel traffico e facile da parcheggiare, ma scomoda per chi supera il metro e ottanta di altezza. Oltre che per la seduta rasoterra, i più alti posso lamentarsi per il tetto che incombe sopra la testa. Anche in senso trasversale, tuttavia, i centimetri scarseggiano, e non va molto meglio quando si parla di capacità di carico. A tetto chiuso un po’ di spazio per le borse c’è, ma viaggiando scoperti il volume utile quasi si azzera. All’interno c’è poi penuria di vani in cui sistemare gli oggetti di uso quotidiano. La Copen sa comunque rivelarsi ben più di una macchinetta simpatica e stravagante. Quando ci si trova tra le curve sa sfoderare un’efficacia insospettabile. Baricentro basso e peso piuma (meno di 800 kg a secco) le permettono di dare filo da torcere anche a vetture ben più potenti. Il tutto, tra l’altro, mantenendo una taratura dell’assetto che rappresenta un buon compromesso tra le esigenze di guidabilità e di assorbimento delle sconnessioni.
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