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Tata Safari

La Tata Safari è una fuoristrada prodotta dalla Casa indiana a partire dalla fine degli anni Novanta, che ha debuttato sul mercato italiano a cavallo del 2000. A permetterle di riscuotere un discreto successo è stata la sua formula di off-road alla vecchia maniera. Si tratta infatti di un mezzo solido, senza fronzoli, capace di badare al sodo e con un prezzo più abbordabile rispetto alle proposte occidentali. La sua carrozzeria a cinque porte è lunga 465 centimetri, ma l’ingombro complessivo sale a 4,8 metri per la presenza della ruota di scorta sul portellone, incernierato lateralmente. Sotto le lamiere si nasconde un classico telaio a longheroni e traverse. L’abitacolo è a sette posti, grazie alla presenza di una terza fila con due sedili supplementari ripiegabili. La Safari ha beneficiato di aggiornamenti nel 2005, nel 2007 e infine nel 2010. Nel primo caso i tecnici sono intervenuti anche su trasmissione e freni, mentre nelle altre occasioni gli interventi si sono limitati più che altro a un facelift.

I MOTORI
La Tata Safari è stata venduta nel corso del tempo solo ed esclusivamente con propulsori a gasolio. Gli esemplari più datati montano un due litri turbodiesel di origine Peugeot dotato di soli 90 CV, ma tutto sommato in linea con lo spirito del mezzo. In seguito, il suo posto in listino è stato preso da un tre litri Dicor (acronimo che sta per Direct Injection Common Rail), da 116 CV e 300 Nm di coppia. Questa unità è figlia di un precedente progetto Mercedes, aggiornato dagli ingegneri indiani. Con il restyling del 2007 è quindi arrivato un 2.2 Dicor da 143 CV, nato di nuovo nel gruppo Psa e modificato per la Tata dall’austriaca AVL. Quanto al reparto trasmissione, la Safari viaggia di norma con trazione posteriore, con quella anteriore inseribile, anche in movimento. Il cambio è manuale, con riduttore su tutti i rapporti.

PRO E CONTRO
Non si deve pensare alla Tata Safari come a una potenziale alternativa alle Suv moderne. La sua destinazione ideale è nei panni del mezzo pratico e versatile per il tempo libero o per un impiego anche gravoso a contatto con la natura. L’abitacolo, luminoso, offre molto spazio, ma i suoi arredi lasciano un po’ a desiderare, non appagando né la vista né il tatto. I vari componenti hanno un aspetto un po’ dimesso e sono realizzati in modo economico, con una scarsa cura per le finiture. Tra le curve, complice l’altezza del baricentro, la massa di quasi due tonnellate si fa sentire. Occorre inoltre abituarsi un po’ allo sterzo, poco pronto a causa di un ampio angolo morto e incline a indurirsi progressivamente. Nemmeno il cambio convince appieno, per colpa di innesti un po’ contrastati e comunque laboriosi. La Tata Safari si prende però una bella rivincita quanto si esce dall’asfalto. Le sospensioni riescono a mantenere le ruote ben in contatto con il terreno e permettono di sfruttare appieno la notevole motricità garantita dalla trazione integrale part-time.
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